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Dieta ad eliminazione: le possibilità tra cui può scegliere il veterinario sono tutte equivalenti?.


mercoledì 10 marzo 2021


Dieta ad eliminazione: le possibilità tra cui può scegliere il veterinario sono tutte equivalenti?

La dieta ad eliminazione rimane il gold standard per la diagnosi di reazione avversa al cibo ma esiste un solo tipo di dieta che il medico veterinario può utilizzare in questo tipo di patologia?

No! Infatti, se la definizione di dieta ad esclusione come "dieta in cui vengono somministrati alimenti che l'animale non ha mai assunto in passato" è ben definita, non lo è altrettanto il tipo di dieta da utilizzare.

Esistono diverse tipologie di dieta tra cui il medico veterinario può scegliere e ognuna di esse presenta alcuni vantaggi, e alcuni svantaggi, che andrebbero valutati con attenzione prima di prendere una decisione.

Quando si decide di far intraprendere al paziente una dieta ad esclusione, bisogna valutare se iniziare da subito con un alimento completo commerciale o se invece propendere verso un alimento con meno antigeni, ma di conseguenza non completo.

Inoltre, vanno considerati i rischi di cross-reattività tra le diverse materie prime, nonché il rischio di contaminazione degli alimenti commerciali monoproteici con proteine di specie diverse da quelle presenti in etichetta.

Le opzioni tra cui scegliere comprendono una dieta commerciale con proteine idrolizzate, un alimento commerciale monoproteico e monoglucidico, umido o secco, un alimento commerciale umido contenente SOLO una fonte proteica e senza carboidrati, e una dieta casalinga con alimenti che l'animale non ha mai assunto in passato.

Gli alimenti commerciali con proteine idrolizzate si basano sul principio che una proteina per scatenare una reazione immunitaria deve avere determinate dimensioni. In questi alimenti le proteine vengono scisse in peptidi con dimensioni molto ridotte affinché non possano indurre una risposta immunitaria nell'organismo. Questi hanno il vantaggio di essere pratici (il proprietario non deve cucinare) e completi (quindi possono essere utilizzati anche come terapia nel lungo termine).

Possono essere una valida scelta per quei soggetti dove l'anamnesi alimentare è incompleta o in cui i proprietari hanno somministrato in passato talmente tante fonti proteiche da risultare difficile trovarne una nuova con cui l'animale non è mai entrato in contatto.

Tra i diversi alimenti disponibili in commercio, il veterinario dovrebbe anche controllare se l'amido contenuto all'interno è un amido purificato, oppure se il petfood in questione contiene carboidrati veri e propri, anche se di utilizzo non comune. In quest'ultimo caso il veterinario deve assicurarsi che l'animale non abbia assunto questo carboidrato in passato perché, è bene ricordare, che anche le fonti di carboidrati, seppur in minima quantità, apportano proteine.

Tuttavia, questi alimenti non sempre permettono di arrivare ad una diagnosi certa soprattutto nel caso di intolleranze alimentari. Infatti, se l'animale non risponde a questo tipo di alimentazione, al veterinario può rimanere il dubbio che la reazione avversa non sia nei confronti di una proteina, ma di altre sostanze contenute nell'alimento come gli additivi o, nel caso di cibi secchi, gli acari che possono essere presenti nelle farine.

In parte queste considerazioni possono essere fatte per gli alimenti monoproteici e monoglucidici commerciali. Questi alimenti sono generalmente completi e pratici, ma contengono sempre altre sostanze che possono essere la causa di reazioni avverse. Hanno però il vantaggio, nel caso della scomparsa dei sintomi dopo il loro utilizzo, di far individuare le fonti di proteine e di carboidrati a cui l'animale non reagisce.

Rimanendo tra gli alimenti commerciali, l'altra scelta può essere quella degli alimenti "SOLO", ossia alimenti umidi che contengono solo ed esclusivamente una fonte proteica. Essi generalmente non sono alimenti completi e non dovrebbero contenere integratori o additivi.

Il loro vantaggio è la praticità e la possibilità di utilizzarli per arrivare ad avere una diagnosi certa, tuttavia, non possono essere utilizzati nel lungo termine. Una volta terminato il periodo di dieta ad eliminazione essi, quando non completi, andrebbero integrati per arrivare ad una dieta bilanciata.

Quando di sceglie tra una delle diete commerciali nominate in precedenza bisogna considerare il rischio di contaminazioni dell'alimento con fonti proteiche non dichiarate in etichetta.

Spesso la presenza di fonti animali diverse da quelle dichiarate è dovuta a contaminazioni nella fase di produzione e l'omissione da parte delle aziende non sempre è voluta o "cosciente".

Tuttavia, quando questi alimenti devono essere utilizzati per la diagnosi di reazione avversa al cibo, la presenza di ingredienti non dichiarati può impedire la remissione dei sintomi, interferire con la buona riuscita della dieta ad eliminazione, e rendere impossibile al veterinario curante la formulazione di una diagnosi corretta.

Gli studi effettuati fino ad oggi su alimenti commerciali dichiarati monoproteici o "ipoallergenici" e la loro possibile contaminazione con proteine non dichiarate in etichetta hanno riportato numeri allarmanti.

Un recente studio effettuato dalla dott.ssa Ricci At Al., in cui sono stati analizzati 40 alimenti dietetici, sia umidi che secchi, di cui 31 contenenti "nuove" fonti proteiche e 9 contenenti proteine idrolizzate, ha rivelato che solo 10 di questi alimenti presentavano un contenuto che corrispondeva correttamente all'etichetta, mentre altri 23 rivelavano la presenza di specie animali non dichiarati in etichetta. I contaminanti identificati con più frequenza erano maiale, pollo e tacchino, ed erano presenti con maggior frequenza negli alimenti secchi rispetto agli alimenti umidi.

Proprio per questa ragione, in alternativa ai prodotti commerciali, il veterinario può decidere di impostare una dieta casalinga monoproteica e monoglucidica che, dal punto di vista diagnostico, sembra essere la scelta più "sicura". Essa, infatti, dovrebbe escludere tutti gli altri antigeni che possono essere presenti negli alimenti commerciali e che possono indurre una reazione avversa. Tuttavia, non è un'alimentazione completa e non può essere utilizzata nel lungo termine poiché risulta carente di calcio, acidi grassi essenziali, vitamine e microelementi.

Una volta arrivati alla diagnosi la dieta andrà integrata e bilanciata per poter essere utilizzata come dieta di mantenimento.

Invece capita troppo spesso che un animale sia mantenuto con questo tipo di dieta per periodi molto lunghi, se non addirittura per tutta la vita, senza che vengano tenuti in considerazione i rischi legati ad eventuali carenze mineral-vitaminiche a cui può andare incontro l'animale se essa non viene correttamente integrata e bilanciata.

Inoltre, per essere veramente diagnostica, il veterinario deve effettuare un'attenta anamnesi nutrizionale per conoscere tutti gli alimenti che l'animale ha assunto in passato e, prima di scegliere gli alimenti da inserire in questa dieta, dovrebbe valutare le possibili cross-reattività tra i diversi alimenti.

Un altro problema da valutare, quando si sceglie questo tipo di dieta, è riuscire ad ottenere un adeguata compliance da parte del proprietario. Il veterinario deve far capire, bene al proprietario, l'importanza di seguire con rigore la dieta ad eliminazione, non inserendo di sua spontanea volontà alimenti diversi da quelli indicati, e tanto meno snack o premietti.

Una volta conclusa la fase della dieta privativa, deve spiegare al proprietario l'importanza di effettuare anche "il test di provocazione" con gli alimenti assunti in passato dall'animale, per completare il percorso diagnostico.

E poi?

A questo punto inizia una nuova fase in cui la dieta non rappresenta più lo strumento diagnostico, ma si trasforma nella terapia vera e propria.

La dieta dovrà essere, perciò, una dieta completa ed equilibrata, che possa essere utilizzata nel lungo termine scegliendo, insieme al proprietario, se optare per un alimento commerciale completo contenente gli alimenti che non provocano reazioni avverse, oppure se preferire un'alimentazione casalinga studiata su misura per il paziente e correttamente bilanciata anche dal punto di vista mineral-vitaminico.

BIBLIOGRAFIA:
- Delaney SJ & Fascetti AJ. Applied Veterinary Clinical Nutrition.  (ed.  Fascetti AJ and Delaney SJ.) 2012 chapter 11
- Guidi Debora. Nutrizione e dietetica del cane e del gatto. Capitolo 4
- MS Hand, CD Thatcher, RL Remillard, P Roudebush & BJ Novotny. Small Animal Clinical  Nutrition 5th edition. ed.   2010, chapter 31
- Ricci R., Conficoni D., Morelli G., Losasso C., Alberghini L., Giaccone V., Ricci A et Andrighetto I.  Undeclared animal species in dry and wet novel and hydrolyzed protein diets for dogs and cats detected by microarray analysis. BMC Veterinary Research 2018 14:209
- Ricci R., Granato A., Vascellari M., Boscarato M., Palagiano C., Andrighetto I., et al. Identification of undeclared sources of animal origin in canine dry foods used in dietary elimination trials. J Anim Physiol Anim Nutr (Berl) 2013;97(1):32–38.


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