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L'approccio corretto alle reazioni avverse al cibo.


mercoledì 3 marzo 2021


L'approccio corretto alle reazioni avverse al cibo

Le reazioni avverse al cibo (RAC) comprendono tutti gli stati patologici causati dall'ingestione di un alimento, o di un'altra sostanza come farmaci o integratori, che sono normalmente tollerati dalla maggior parte della popolazione appartenente a quella specie

Esistono diversi metodi per classificare le RAC, ma la classificazione utilizzata più comunemente è quella che suddivide le reazioni avverse al cibo in reazioni immunomediate (allergie alimentari) e non immunomediate (intolleranze alimentari).

Le prime sono dovute ad una reazione anomala del sistema immunitario intestinale verso sostanze che normalmente non dovrebbero essere viste dall'organismo come antigeni e sono dose-indipendente. In questi casi sono le proteine alimentari ad essere viste come antigeni e a scaturire la reazione del sistema immunitario. Dopo un primo contatto con l'allergene l'organismo inizia a sintetizzare immunoglobuline che scatenano reazioni avverse all'ingestione di quella sostanza.

Esse possono essere suddivise in reazioni mediate da IgE (ipersensibilità di primo tipo) o in reazioni non mediate da IgE (ipersensibilità di II, III o IV tipo). Nella prima categoria vengono incluse la maggior parte delle allergie alimentari del cane e del gatto e la sintomatologia può comparire immediatamente dopo l'assunzione dell'alimento oppure in maniera ritardata (da poche ore ad alcuni giorni) in seguito al rilascio di citochine da parte dei mastociti attivati dalle immunoglobuline E.

Sulle reazioni non mediate da IgE esistono, ad oggi, ancora poche informazioni ma sembra che, nel cane e nel gatto, siano dovute principalmente a ipersensibilità cellulo-mediate o dovute ad immunocomplessi. Esse sono caratterizzate da una risposta ritardata che può comparire da alcune ore fino ad alcuni giorni dopo il contatto con l'antigene.

Le intolleranze alimentari, invece, non sono dovute ad una risposta immunitaria e possono essere scatenate da diversi tipi di sostanze e da ingredienti che non contengono proteine, come additivi, integratori o farmaci.

Esse possono essere ulteriormente suddivise in quattro sottocategorie:
1) Reazioni idiopatiche dovute ad un meccanismo ad oggi ancora sconosciuto che mima una reazione allergica senza, però, coinvolgere il sistema immunitario
2) Reazioni enzimatiche causate da un difetto enzimatico del tratto gastroenterico. In questo caso i sintomi sono generalmente localizzati in questo tratto e dipendono dalla dose assunta dall'animale. L'esempio tipico è l'intolleranza al lattosio dovuta alla scarsa quantità di lattasi presenti nell'intestino.
3) Reazioni farmacologiche indotte da sostanze farmacologiche presenti negli alimenti come, per esempio, le amine vasoattive.
4) Intossicazioni alimentari dovute a tossine presenti nell'alimento, generalmente di origine batterica o fungina.

Le reazioni avverse al cibo possono manifestarsi con sintomi dermatologi e/o gastroenterici. I primi comprendono prurito non stagionale, localizzato o generalizzato, associato in alcuni soggetti a otite esterna, alopecia da autotraumatismo, pododermatite (nel cane) o placche eosinofiliche (nel gatto).

La diarrea, invece, è il sintomo gastroenterico più comune di reazione avversa al cibo, ma alcuni soggetti possono presentare anche vomito, flatulenza e dolori addominali.

L'ipotesi diagnostica di reazione avversa al cibo deve essere fatta dopo aver escluso altre patologie che potrebbero causare una sintomatologia simile come la presenza di parassiti o infezioni batteriche ma, per poterne avere la conferma, l'animale deve essere sottoposto a quella che viene definita dieta ad esclusione per un periodo sufficientemente lungo da permettere la scomparsa dei sintomi.

Questo periodo si attesta intorno alle 8 settimane in caso di problemi dermatologici, mentre in caso di sintomi gastroenterici spesso è sufficiente un periodo di 3 o 4 settimane per vedere una risposta adeguata.

La dieta ad esclusione prevede l'assunzione da parte dell'animale di alimenti che non ha mai assunto in passato.

A questo punto il veterinario, prima di decidere quale dieta impostare per il paziente, deve effettuare alcune valutazioni e considerazioni affinché la dieta ad eliminazione possa davvero essere utilizzata per arrivare ad una diagnosi.

Innanzitutto, deve raccogliere un'anamnesi nutrizionale dettagliata su tutti gli alimenti che l'animale ha assunto in passato e andare a leggere con attenzione le loro etichette per conoscere a fondo gli ingredienti che contengono.

Deve anche informarsi sugli snack che sono stati usati e su possibili alimenti casalinghi che i proprietari hanno già somministrato all'animale.

Prima di scegliere l'eventuale fonte di proteine e di carboidrati da utilizzare deve tenere in considerazione anche le possibili cross reattività presenti tra i diversi alimenti.

Se, ad esempio, l'animale ha mangiato in precedenza il pollo, bisognerebbe evitare di utilizzare altri volatili o uova che possono contenere la siero albumina aviare, proteina che può indurre una reazione avversa. Lo stesso discorso dovrebbe valere per la siero albumina bovina presente nella maggior parte dei ruminanti e nei loro derivati come la maggior parte dei latticini e per la parvalbumina presente nella maggior parte dei pesci.

L'ideale sarebbe scegliere una fonte di proteina filogeneticamente il più lontano possibile da quelle utilizzate in passato.

Lo stesso discorso vale per i carboidrati: anche per essi è importante effettuare un'attenta anamnesi nutrizionale perché è bene ricordare che anche le fonti di carboidrati contengono proteine che possono fungere da antigeni.

Il veterinario dovrebbe anche chiedersi se la reazione avversa possa essere dovuta ad un antigene differente da una proteina e se la causa possa essere la presenza nel mangiare di altre sostanze come additivi, farmaci o gli acari contenuti nelle farine e, in questo caso, valutare se ha senso utilizzare un alimento commerciale formulato per le reazioni avverse al cibo o propendere per una dieta casalinga ad eliminazione.

Nel prossimo articolo vedremo più in dettaglio quali solo i diversi tipi di dieta ad eliminazione che può utilizzare il veterinario per arrivare ad una diagnosi e per improntare una corretta terapia dietetica.

Infine, bisogna sottolineare che un corretto approccio alle reazioni avverse al cibo non consiste solo nell'effettuare una dieta ad eliminazione, ma che per arrivare ad una vera e propria diagnosi va poi effettuato quello che viene definito "test di provocazione".

Esso consiste nell'introdurre nella dieta uno per volta tutti gli ingredienti che l'animale ha assunto in passato per arrivare a identificare, quale tra essi, sia la causa della reazione avversa al cibo ed eliminarlo dalle future diete.

Purtroppo, nella pratica clinica questo test è di difficile applicazione, sia perché spesso i proprietari non sono disponibili ad effettuarlo, sia perché, se l'animale in passato ha assunto diversi alimenti commerciali, può diventare difficile individuare tutti gli ingredienti utilizzati.

Inoltre, va ricordato che l'utilizzo dello stesso ingrediente, ma sottoforma di alimento casalingo, non sempre provoca la stessa reazione avversa di quello contenuto nel cibo commerciale, rischiando di rendere questo test meno affidabile.

Più semplice da realizzare è il reinserimento nella dieta dell'ultimo alimento utilizzato che ha causato l'insorgenza dei sintomi. In questo caso la ricomparsa dei sintomi permette di fare diagnosi certa di reazione avversa la cibo, ma non di individuare l'allergene che la causa.

Un altro errore comune, commesso dai proprietari e a volte anche dai veterinari, è di proseguire nel lungo termine con la dieta ad esclusione senza controllare se essa è già completa e correttamente bilanciata. Un esempio tipico è una dieta casalinga con una sola fonte di carboidrato e una di proteina che non viene poi adeguatamente integrata con minerali e vitamine.

Perché, se da un lato è vero che la dieta, nelle reazioni avverse al cibo non rappresenta solo il gold standard per fare diagnosi, ma anche la terapia da mettere in atto dopo aver confermato la RAC, dall'altro lato le due diete non devono essere identiche perché se la dieta ad esclusione, fatta per un limitato periodo, può non essere completa invece la dieta di "mantenimento" lo deve essere per non incorrere in carenze nutrizionali.

Gli alimenti che vanno aggiunti alla dieta iniziale al fine di renderla completa devono essere inseriti uno alla volta e in maniera graduale per controllare che non vi sia una reazione avversa ad uno di essi.

BIBLIOGRAFIA: 
- Delaney SJ & Fascetti AJ. Applied Veterinary Clinical Nutrition.  (ed.  Fascetti AJ and Delaney SJ.) 2012 chapter 11
- Guidi Debora. Nutrizione e dietetica del cane e del gatto. Capitolo 4
- MS Hand, CD Thatcher, RL Remillard, P Roudebush & BJ Novotny. Small Animal Clinical  Nutrition 5th edition. ed.   2010, chapter 31


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