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Patologie, Terapia dietetica

Strategie nutrizionali in corso di iperlipidemia del cane.


mercoledì 9 giugno 2021


Strategie nutrizionali in corso di iperlipidemia del cane

Come già detto nell'articolo precedente l'iperlipemia può essere classificata in post-prandiale (fisiologica), primaria idiopatica oppure secondaria ad altre patologie come la pancreatite, il diabete mellito, l'ipotiroidismo o l'iperadrenocorticismo oppure da colestasi o sindrome nefrosica

Nell'articolo precedente abbiamo visto che cos'è l'iperlipidemia e quali possono esserne le cause (L'iperlipidemia negli animali domestici e le differenze con l'uomo).

Per decidere quale sia la terapia più corretta da attuare per ridurre i livelli sierici di lipidi è fondamentale prima riuscire a capire di che tipo di iperlipidemia si tratta.

Infatti, il trattamento dell'iperlipemia dipende, ovviamente, dalla causa sottostante. Se è secondaria ad altre patologie lo scopo della terapia farmacologica e nutrizionale deve essere innanzitutto quello di trattare la patologia che causa l'aumento di lipidi nel sangue.

Nel caso in cui l'iperlipidemia sia primaria, o non si riesca a risolvere nonostante l'animale sia sotto terapia per la patologia che la causa, l'unico trattamento ad oggi riconosciuto è la variazione della dieta.

Si suggerisce di iniziare comunque un trattamento dietetico specifico quando la concentrazione sierica di trigliceridi superi i 500 mg/dl e/o quella di colesterolo sia superiore ai 750 mg/dl, con lo scopo di prevenire i rischi di pancreatite e di comparsa di segni clinici, anche se l'animale è asintomatico.

La restrizione dei grassi alimentari è la base per il trattamento dell'iperlipidemia, soprattutto se si ha un innalzamento dei trigliceridi.

Per poter capire il livello di restrizione da attuare è fondamentale effettuare un'attenta anamnesi nutrizionale per conoscere la percentuale di grassi contenuta negli alimenti che l'animale ha assunto fino al momento della visita e, ovviamente, preparare un piano nutrizionale con un livello notevolmente più basso.

In linea generale si consiglia di far assumere all'animale diete che forniscano il 20% o meno delle calorie attraverso i grassi.

Tuttavia, in alcuni pazienti, la restrizione necessaria per ridurre i valori di trigliceridi e colesterolo nel sangue deve essere molto più netta, arrivando in alcuni casi a somministrare soltanto il 10% dell'energia metabolizzabile attraverso i lipidi, soprattutto se l'animale assumeva già prima una dieta con un contenuto di grassi moderato.

Altri autori suggeriscono come indicazione per il trattamento nutrizionale dell'iperlipidemia l'utilizzo di diete che contengano meno di 25 grammi di grassi ogni 1000 Kcal.

Se si fa riferimento alla sostanza secca, il valore dei lipidi contenuti dovrebbe essere inferiore al 12%, ma in alcuni casi può essere necessario scendere fino all'8%.

Tuttavia, limitarsi a controllare la percentuale di lipidi (sia su tal quale che su sostanza secca) può portare a commettere un errore di valutazione. Infatti, questo valore non indica con chiarezza quanti lipidi assume l'animale quotidianamente poiché, a seconda del contenuto calorico dell'alimento, l'animale potrebbe assumere più cibo e quindi più grassi.

Se, ad esempio, paragoniamo un alimento che apporta 400 kcal ogni 100 grammi e con il 10% di lipidi con uno che apporta 270 kcal e contiene l'8% di lipidi, facendo i conti ci si rende conto che il primo apporta soltanto 25 grammi di grassi ogni 100 kcal mentre il secondo ne apporta ben 30 grammi.

L'integrazione con omega 3, ed in particolar modo con EPA e DHA, rientra tra le strategie nutrizionali che si dovrebbero utilizzare in corso di iperlipidemia. Il loro utilizzo ha come scopo quello di ridurre soprattutto i livelli di trigliceridi nel sangue, mentre la loro azione sull'ipercolesterolemia sembra piuttosto limitata.

Tuttavia, gli studi sul loro utilizzo in questa patologia sono ancora limitati e i dosaggi utilizzati negli studi effettuati sono molto differenti tra loro con un range che varia da 10-30 mg/kg di peso dell'animale fino a 220 mg/kg.

Nella maggior parte dei libri viene consigliato quest'ultimo valore come quello da utilizzare in corso di iperlipidemia, tuttavia, è bene ricordare che la somministrazione di omega 3 aumenta la quantità di grassi totali assunti dall'animale con il rischio di superare i livelli di lipidi consigliati in precedenza.

È, perciò, fondamentale includere nel calcolo dei grassi somministrati all'animale, anche i milligrammi introdotti attraverso l'integrazione di omega 3.

La niacina, spesso utilizzata nell'uomo per ridurre la concentrazione di trigliceridi nel sangue, è stata utilizzata anche nei cani ad un dosaggio di 25-100 mg/die con risultati promettenti.

Attenzione, però, che essa può indurre effetti collaterali come vomito, eritema, prurito e addirittura convulsioni.

Sempre in medicina umana tra i nutrienti utilizzati per contrastare l'aumento di colesterolo sierico ritroviamo la fibra, soprattutto quella solubile, anche se il meccanismo d'azione esatto è ancora poco noto. Alcuni autori suggeriscono che l'abbassamento del colesterolo sia dovuto alla capacità della fibra di legarsi al colesterolo nell'intestino, riducendone l'assorbimento.

Gli studi nel cane e nel gatto sull'utilizzo di questo tipo di fibra nel trattamento dell'ipercolesterolemia sono, ad oggi, molto limitati e non è ancora chiaro se il suo utilizzo possa apportare dei reali benefici.

Tuttavia, quando sono stati utilizzati alimenti a basso contenuto di grassi e contemporaneamente ad elevato tenore di fibra in pazienti iperlipemici si è ottenuta una significativa riduzione dei trigliceridi sierici.

Di conseguenza, può essere raccomandabile utilizzare livelli di fibra di almeno il 10% su sostanza secca nel cane e del 7% nel gatto.

Infine, anche la scelta di ridurre l'apporto alimentare di colesterolo, attraverso la riduzione delle quantità di prodotti di origine animali assunti dall'animale, per ridurre l'ipercolesterolemia rimane piuttosto controverso.

Alcuni autori consigliano di limitare l'apporto di fonti di origine animale a favore di proteine di origine vegetali, mentre altri sostengono che la concentrazione sierica di colesterolo sia poco influenzata dalla quantità di colesterolo assunta con la dieta.

In medicina umana tra i farmaci maggiormente utilizzati per abbassare i livelli sierici di colesterolo rientrano le cosiddette "statine". Esse agiscono riducendo la sintesi di colesterolo epatico e aumentando la quantità di colesterolo LDL dal circolo.

Sebbene le statine sembrano essere ben tollerate dai cani, l'effettivo vantaggio terapeutico del loro utilizzo rimane, ad oggi, ancora sconosciuto, soprattutto considerato che il cane già di per sé, essendo un "mammifero HDL", produce livelli molto bassi di colesterolo LDL.

Un altro farmaco che viene utilizzato in medicina umana per ridurre l'ipercolesterolemia, a volte in associazione alle statine, è l'ezetimibe, che riduce selettivamente l'assorbimento intestinale di colesterolo. Il suo utilizzo in cani non è stato ancora studiato, di conseguenza, anche considerati i possibili effetti collaterali, il loro uso in animali domestici, non è consigliato.

BIBLIOGRAFIA:
- Case, L. P., Daristotle, L., Hayek, M. G., & Raasch, M. F. (2010). Canine and Feline Nutrition: A Resource for Companion Animal Professionals. Chapter 27
- Delaney SJ & Fascetti AJ.  Applied Veterinary Clinical Nutrition, 2012. Chapter 17
- MS Hand, CD Thatcher, RL Remillard, P Roudebush & BJ Novotny. Small Animal Clinical  Nutrition 5th edition. ed.   2010.  Chapter 28
- Pibot P, Biourge V, Elliott D, Enciclopedia della nutrizione clinica del cane, 2008.


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