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Fabbisogno energetico, Patologie, Terapia dietetica

La dieta nei pazienti oncologici.


mercoledì 14 luglio 2021


La dieta nei pazienti oncologici

In un paziente oncologico bisognerebbe sempre effettuare un'attenta valutazione della sua dieta, considerando che i tumori inducono cambiamenti metabolici importanti nell'organismo che spesso richiedono un intervento nutrizionale.
Fornire una dieta appropriata con nutrienti selezionati ad un soggetto affetto da neoplasia può invertire alcuni degli effetti deleteri della malattia neoplastica, migliorare la capacità dell'animale di tollerare la terapia e aumentare la sua qualità di vita


Il primo passo deve essere quello di fare una valutazione attenta e completa del paziente, del suo stato nutrizionale, tenendo in considerazione non solo il tipo di neoplasia da cui è affetto, ma anche lo stadio in cui si trova e la terapia che sta seguendo.

Nel precedente articolo (La corretta valutazione nutrizionale del paziente con neoplasia) abbiamo approfondito l'importanza che riveste una corretta valutazione dello stato nutrizionale del paziente per poter decidere quale strategia dietetica debba essere messa in atto in quel paziente.

La personalizzazione della dieta, in un paziente oncologico, è fondamentale poiché due pazienti, affetti entrambi da neoplasia, potrebbero necessitare di un approccio nutrizionale completamente differente.

Il punto di partenza deve sempre essere quello di calcolare, nella maniera più accurata possibile, il fabbisogno energetico del paziente.

Già in questa fase il veterinario potrebbe trovarsi davanti a differenti scenari che comportano scelte diverse tra loro.

Alcuni animali affetti da neoplasia sono colpiti da cachessia neoplastica e necessitano di un introito calorico maggiore rispetto ad un soggetto sano, mentre altri, al momento della diagnosi, sono addirittura in sovrappeso.

Ne consegue che il calcolo del fabbisogno energetico giornaliero sia completamente diverso nelle due tipologie di pazienti.

In un cane o gatto affetto da cachessia neoplastica, lo scopo principale della dieta deve essere quello di non fargli perdere ulteriore peso e, per quanto possibile, riportarlo al suo peso ideale.

In questi casi spesso il fabbisogno energetico di mantenimento deve essere moltiplicato per un fattore di correzione legato alla malattia e alla cachessia che incrementi l'introito calorico giornaliero.

Questo fattore di correzione varia generalmente da 1,1 a 1,4 tuttavia, in casi estremi, alcuni autori consigliano addirittura di moltiplicare il MER per 1,7.

La scelta su quale fattore applicare non dipende solo dal BCS e dall'MCS del paziente, ma anche dalla causa sottostante alla cachessia. Se l'animale, per esempio, ha perso peso perché fatica ad alimentarsi, potrebbe essere inutile applicare nell'immediato un fattore di correzione elevato, ma potrebbe essere più corretto approcciarsi a quel paziente riducendo la nausea e le cause che lo portano a non mangiare e cercando di rendere il pasto il più appetibile possibile.

Solo successivamente, se l'animale ha ripreso ad alimentarsi correttamente ma, nonostante ciò, non riprende peso, può aver senso aumentare ulteriormente l'introito calorico.

Come ci si dovrebbe comportare, invece, se il paziente si presenta in sovrappeso o obeso?

Sapendo che l'obesità porta con sé numerosi rischi per la salute, come patologie muscoloscheletriche, immunosoppressione, diabete e intolleranza al glucosio e che i soggetti mantenuti in condizioni fisiche ideali vivono più a lungo, verrebbe naturale pensare che l'animale debba dimagrire e anche nel più breve tempo possibile.

Tuttavia, in un paziente obeso affetto da neoplasia questo approccio potrebbe non essere indicato se non, addirittura, deleterio.

Prima di pensare di ridurre drasticamente l'introito calorico di un paziente malato, bisogna valutare con molta attenzione lo stadio della malattia, se esso è clinicamente stabile, e considerare i tempi di sopravvivenza previsti per la sua patologia.

Infatti, una forte restrizione calorica in un soggetto oncologico potrebbe portarlo a sviluppare più facilmente uno stato di malnutrizione proteico-calorica con perdita di massa magra, ipoproteinemia, compromissione del suo sistema immunitario e della funzionalità di alcuni organi.

Di conseguenza, può aver senso "mettere a dieta" un paziente oncologico, per riportarlo molto gradualmente verso un BCS ideale, solo se si trova in uno stato iniziale della malattia, se la neoplasia può essere trattata chirurgicamente e se il paziente è stabile. In ogni caso, la riduzione calorica andrebbe fatta molto gradualmente e il paziente andrebbe attentamente monitorato.

Una volta calcolato il fabbisogno energetico, il veterinario dovrà decidere se è necessario anche modificare il contenuto della dieta per effettuare una ridistribuzione delle calorie che esso assume tramite grassi, proteine e carboidrati.

Anche in questo caso, per poter prendere una decisione corretta è necessario aver effettuato un'attenta valutazione del soggetto e del suo stato clinico e nutrizionale poiché il tipo di dieta da scegliere dipende anche dal tipo di tumore e da eventuali patologie concomitanti.

In linea generale, il profilo nutrizionale della dieta dovrebbe essere scelto cercando di sfruttare le differenze nei bisogni metabolici tra l'organismo dell'ospite e il tumore.

Infatti, la maggior parte delle cellule neoplastiche utilizzano preferenzialmente come fonte energetica il glucosio, anche se in caso di necessità sono in grado di utilizzare anche gli acidi grassi e gli amminoacidi come "carburante".

Di conseguenza, fornire ad un animale affetto da neoplasia una dieta ricca di grassi e proteine e povera di carboidrati dovrebbe servire per fornire preferibilmente l'energia all'organismo, evitando "l'alimentazione involontaria" del tumore.

Questo tipo di dieta è stata studiata soprattutto in medicina umana, mentre gli studi in animali con neoplasia sono ad oggi ancora molto limitati.

Una dieta in cui le calorie provengono soprattutto da proteine e grassi, invece che da carboidrati, possiede comunque altri vantaggi che potrebbero essere utili in un soggetto oncologico.

L'elevata percentuale di proteine serve a ridurre i rischi di malnutrizione e aiuta a preservare la massa magra, mentre un alto contenuto in grassi ha come vantaggio, sia quello di aumentare la densità calorica della razione, sia di renderla più appetibile favorendone l'assunzione da parte dell'animale.

Inoltre, indipendentemente dal loro effetto sulle cellule tumorali, i carboidrati potrebbero non essere utilizzati in modo efficiente da un animale oncologico a causa della resistenza all'insulina e dell'intolleranza al glucosio di cui il soggetto può essere affetto.

Le linee guida consigliano piani nutrizionali in cui il 50-60% delle calorie arrivi dai grassi, almeno il 30-35% dalle proteine (in alcuni casi anche fino al 50%) e soltanto una minima parte da carboidrati.

Ragionando sulla sostanza secca della dieta, tutto questo corrisponde ad un 25-40% di lipidi ed un 30-50% di proteine.

Ovviamente sarà fondamentale anche scegliere gli alimenti più adatti: le fonti proteiche dovranno contenere proteine ad elevata digeribilità ed elevato valore biologico e, se possibile, essere particolarmente ricche in arginina.

Tra i grassi somministrati può essere utile inserire una parte consistente di omega 3 e utilizzare fonti di acidi grassi a media catena per rendere la razione più facilmente digeribile.

I carboidrati digeribili, come l'amido, andrebbero ridotti al minimo, preferendo l'utilizzo di alimenti contenenti fibra. L'utilizzo di fibra solubile può essere utile anche per "aiutare" il microbiota intestinale.

Naturalmente la fibra dovrà essere anch'essa usata con molta moderazione per non ridurre la densità energetica della razione e la sua digeribilità.

Tuttavia, come già accennato in precedenza, questo tipo di dieta non può andare bene per tutti i pazienti oncologici.

Se, ad esempio, un animale presenta patologie concomitanti come l'insufficienza renale cronica, somministrargli una dieta ricca di proteine potrebbe portare ad un peggioramento del suo quadro clinico.

Inoltre, non tutti gli animali sono in grado di tollerare concentrazioni di grassi così elevati, soprattutto se già in passato avevano mostrato sintomi di intolleranza ai grassi alimentari. In questi soggetti andrebbero sempre evitate diete ricche di lipidi, anche se affetti da neoplasie.

In ogni caso, prima di far cominciare al paziente il nuovo piano nutrizionale è importante che il veterinario analizzi anche la dieta che esso ha assunto fino a quel momento, soprattutto per la percentuale di grassi in essa contenuta e, solo in base a quella, decidere la percentuale di grassi con cui cominciare. Le fonti di lipidi andrebbero poi aumentate gradualmente, verificandone la tollerabilità del soggetto.

Sembra scontato, ma è giusto ricordare che la dieta deve essere completa, e correttamente bilanciata, e che un paziente oncologico deve essere attentamente monitorato e rivalutato anche dal punto di vista nutrizionale, attraverso visite seriali, per poter decidere se e quali aggiustamenti fare nella sua dieta.

BIBLIOGRAFIA:
- Case L.P., Daristotle L. at all. Canine and Feline Nutrition. Third edition. Chapter 36
- Delaney SJ & Fascetti AJ.  Applied Veterinary Clinical Nutrition, 2012, chapter 19
- MS Hand, CD Thatcher, RL Remillard, P Roudebush & BJ Novotny. Small Animal Clinical  Nutrition 5th edition. ed.  2010, chapter 30


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