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Patologie, Terapia dietetica

Strategie nutrizionali in corso di patologie esofagee.


mercoledì 21 aprile 2021


Strategie nutrizionali in corso di patologie esofagee

Negli animali domestici le patologie più comuni che colpiscono l'esofago sono il megaesofago e le esofagiti

MEGAESOGAGO E DISORDINI DELLA MOTILITÀ
Il megaesofago è un disordine caratterizzato da dilatazione esofagea diffusa associata a una disfunzione/paralisi dell'organo. Esso può essere un disordine idiopatico primario (congenito o acquisito) oppure secondario ad altre patologie. Ad oggi la patogenesi del megaesofago primario è poco chiara, ma sembra possa essere dovuto ad un'anomalia dell'innervazione afferente dell'esofago. Il secondario acquisito può dipendere da numerose patologie sottostanti che, generalmente, causano disfunzione neuromuscolari diffuse. Tra le più comuni rientra la miastenia gravis che sembra rappresentare il 25% circa delle eziologie di megaesofago acquisito del cane.

Il principale sintomo di questa sindrome è rappresentato dal rigurgito. Esso si differenzia dal vomito poiché rappresenta un evento passivo non associato a sforzo addominale né a segni prodromici come l'ipersalivazione o la presenza di conati. Il rigurgito avviene con maggior frequenza immediatamente dopo la deglutizione, ma in caso di dilatazione esofagea esso può avvenire anche in maniera più ritardata. Spesso per i proprietari è difficile capire la differenza tra rigurgito e vomito, tuttavia, per il medico veterinario la differenza tra questi due sintomi è fondamentale per un corretto approccio diagnostico. In caso di rigurgito il cibo risulta sempre indigerito mentre con il vomito l'alimento espulso può essere parzialmente digerito.

Alcuni soggetti, con patologia di vecchia data, possono presentare perdita di peso e segni clinici di malnutrizione.

La complicazione più comune del megaesofago è la comparsa di una polmonite ab ingestis in cui l'animale presenta febbre e sintomatologia respiratoria.

Il trattamento del megaesofago è strettamente legato alla causa che lo ha provocato. Se esso è secondario ad un altro disordine, la terapia deve essere mirata a risolvere il problema sottostante. Tuttavia, la maggior parte dei casi di megaesofago sono idiopatici e per questi non esiste alcuna terapia medica o chirurgica efficace. In questi casi un approccio nutrizionale corretto rappresenta l'unico metodo per ridurre la sintomatologia e i rischi di malnutrizione e polmonite ab ingestis.

Anche l'utilizzo di farmaci ad azione procinetica non sembra avere alcuna efficacia per il trattamento del megaesofago idiopatico. Essi, infatti, agiscono principalmente sulla muscolatura liscia ma non mostrano alcun effetto sulla muscolatura striata del corpo esofageo.

La somministrazione di pasti piccoli e frequenti in posizione sollevata o verticale favorisce il passaggio del cibo nello stomaco, limitando la frequenza del rigurgito. La consistenza del cibo da somministrare dipende dal tipo di disfunzione sensoriale o motoria che colpisce l'esofago. Alcuni soggetti tollerano meglio un'alimentazione liquida mentre per altri risultano più adatti alimenti umidi o addirittura secchi poiché essi sono in grado di stimolare maggiormente la peristalsi secondaria. È quindi importante variare la consistenza del pasto al fine di individuare il tipo meglio tollerato dal singolo soggetto. In alcuni casi può essere utile la miscelazione di alimenti con il bario e la fluoroscopia, per identificare quale sia il cibo che riesce a stimolare in maniera migliore la motilità esofagea, permettendone il suo passaggio nello stomaco.

Anche la scelta delle caratteristiche nutrizionali dell'alimento è fondamentale per il trattamento del megaesofago e deve avere come scopo quello di riuscire a soddisfare i fabbisogni energetici e nutrizionali del soggetto, per contrastare la tendenza a perdere peso e alla malnutrizione che colpisce i pazienti affetti da questa patologia.

L'utilizzo di pasti ad elevata densità energetica permette di soddisfare i fabbisogni calorici del paziente, riducendo il volume di cibo ingerito. Si raccomandano alimenti con una densità energetica di almeno 4,5 Kcal per grammo di sostanza secca e con una percentuale di grassi di almeno il 25% su S.S.

Il contenuto proteico non dovrebbe andare al di sotto del 25% su sostanza secca nel cane e del 35% nel gatto. Le proteine sono fondamentali per il mantenimento del tessuto muscolare e per supportare una crescita adeguata nei soggetti giovani. Ovviamente tra le fonti proteiche dovranno essere scelte quelle ad elevata digeribilità e alto valore biologico.

In alcuni soggetti, soprattutto se gravemente malnutriti o colpiti da polmonite ab ingestis, può essere necessario optare per una nutrizione enterale con un tubo per gastrostomia per un tempo abbastanza lungo da stabilizzare il paziente.

ESOFAGITI E REFLUSSO GASTROESOFAGEO
L'esofagite viene definita come un'infiammazione acuta o cronica della mucosa esofagea. Essa può essere causata dall'ingestione di sostanze irritanti (agenti corrosivi o farmaci come FANS), dalla presenza di corpi estranei o da reflusso gastroesofageo. Quest'ultimo può essere causato dall'anestesia generale, dalla presenza di un'ernia iatale o da un difetto funzionale dello sfintere esofageo inferiore. Il danno provocato dal reflusso è attribuibile ad un contatto prolungato della mucosa esofagea con acido gastrico, pepsina, tripsina e sali biliari.

I sintomi clinici sono rappresentati da rigurgito/vomito intermittenti o persistenti, scialorrea e anoressia dovuta al dolore indotto dalla deglutizione. Nei soggetti con sintomatologia severa e persistente si può evidenziare una perdita di peso e lo sviluppo di cachessia.

In base alla gravità dell'esofagite e alla sua causa varia l'approccio terapeutico. Se l'infiammazione è dovuta al reflusso del materiale gastrico nell'esofago, uno degli scopi della terapia deve essere quello di migliorare il tono dello sfintere esofageo inferiore per ridurre al minimo il reflusso. La pressione della giunzione gastroesofagea è influenzata dagli ormoni gastrointestinali: alcuni ormoni, tra cui la gastrina, il polipeptide pancreatico, la motilina e la sostanza P, aumentano la pressione di questa giunzione riducendo la possibilità che il materiale presente nello stomaco risalga nell'esofago, mentre la colecistochinina e la secretina sembrano ridurne la pressione. Poiché il rilascio di questi ormoni è influenzato dal contenuto della dieta, la scelta di un piano dietetico corretto è fondamentale per ridurre gli episodi di reflusso gastroesofageo. In soggetti con sintomatologia lieve, la dieta può addirittura diventare l'unica terapia da attuare.

Il rilascio di gastrina è stimolato da pasti ad elevato contenuto proteico, mentre cibi ricchi di grassi inducono un maggior rilascio di colecistochinina. Di conseguenza, l'alimentazione di un paziente affetto da esofagite associata a reflusso deve essere effettuata con alimenti ad elevato tenore proteico e moderato tenore di grassi. Inoltre, un alto contenuto di lipidi nella dieta ritarda lo svuotamento gastrico aumentando la possibilità che il reflusso di cibo e di secrezioni gastriche arrivi in esofago.

I grassi andrebbero mantenuti al di sotto del 15% su sostanza secca mentre le proteine dovrebbero essere almeno del 25% su sostanza secca nel cane e del 35% nel gatto.

Tuttavia, lo svantaggio di diminuire eccessivamente la quantità di grassi della dieta è l'abbassamento della densità calorica dell'alimento e la conseguente necessita di aumentare il volume di cibo assunto dall'animale per soddisfare i suoi fabbisogni energetici.  Un pasto particolarmente voluminoso causa una distensione gastrica con conseguente distensione anche della zona del cardias e un maggior rischio di favorire il passaggio di materiale dallo stomaco all'esofago. Per ovviare a questo problema si possono proporre al paziente pasti più piccoli e frequenti.

I soggetti colpiti da forme gravi di esofagite, soprattutto se accompagnate da anoressia e perdita di peso, richiedono, oltre al cambio della dieta, anche un trattamento farmacologico. Esso viene effettuato principalmente con l'utilizzo di sucralfato, che legandosi in maniera selettiva alla mucosa erosa dell'esofago assicura una barriera efficace contro i contenuti gastrici rifluiti. In alcuni casi può essere utile associare anche dei farmaci procinetici (come metoclopramide o cisapride) per favorire lo svuotamento gastrico e aumentare la pressione dello sfintere esofageo inferiore. La durata della terapia varia a seconda del soggetto ma dovrebbe limitarsi alla riduzione dell'infiammazione mentre, per la riduzione del reflusso nel lungo termine, la terapia dietetica rimane la scelta più indicata.

BIBLIOGRAFIA:
- Delaney SJ & Fascetti AJ. Applied Veterinary Clinical Nutrition.  (ed.  Fascetti AJ and Delaney SJ. ). 2012. Chapter 12 / Nutritional Management of Gastrointestinal Diseases.
- Ettinger S.J., Feldman E.C. Clinica medica veterinaria, malattie del cane e del gatto, sesta edizione
- MS Hand, CD Thatcher, RL Remillard, P Roudebush & BJ Novotny. Small Animal Clinical  Nutrition 5th edition. ed.   2010, chapter 50
- Pibot P, Biourge V, Elliott D, Enciclopedia della nutrizione clinica del cane , 2008.


Commenti all'articolo

Enio - 26 aprile 2021 alle 15:07

Ciao Barbara,
grazie per questo illuminante articolo. Sono giusto alle prese con un chihuahua con reflusso ed esofagite che mi sta facendo impazzire. Molto interessante il discorso sugli ormoni gastro-intestinali e l'impatto di grassi e proteine nella loro sintesi.

Enio.


Barbara - 26 aprile 2021 alle 16:16

Ciao Enio,
è sempre un gran piacere, nonchè una gran soddisfazione, sapere che gli articoli che scrivo solo utili e interessanti per voi colleghi.
grazie per il tuo riscontro

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