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Patologie

IBD: Come gestirle dal punto di vista nutrizionale.


mercoledì 20 maggio 2020


IBD: Come gestirle dal punto di vista nutrizionale

Le malattie infiammatorie intestinali croniche (IBD) comprendono un gruppo di disordini idiopatici cronici del tratto gastrointestinale del cane e del gatto, caratterizzati dall'infiltrazione della lamina propria intestinale da parte di linfociti, plasmacellule, eosinofili, macrofagi, neutrofili, o da una combinazione di queste cellule, e rientrano tra le principali cause di vomito e diarrea degli animali domestici

La causa di questi disordini rimane ancora ignota e la diagnosi richiede l'esclusione di altre potenziali cause di infiammazione gastrointestinale come i parassiti, le enterocoliti batteriche, le neoplasie, le reazioni avverse al cibo, le enteropatie rispondenti agli antibiotici e le patologie a carico del pancreas e viene effettuata attraverso un esame bioptico della parete intestinale.

Sono state effettuate diverse ipotesi sull'eziologia sottostante all'IBD, anche confrontandola con le analoghe situazioni che si presentano nell'uomo ma, ad oggi, non si ha ancora una risposta certa. Sembra, però, che sia fondamentale per il suo sviluppo la compromissione della tolleranza immunitaria agli antigeni presenti nel lume intestinale, come quelli derivanti dalla microflora endogena o da componenti alimentari presenti nella dieta. Il potenziale ruolo dell'alimentazione nella sua patogenesi viene suggerito dai vantaggi clinici che si hanno in alcuni animali affetti da IBD in seguito ad un trattamento dietetico specifico.

La sintomatologia è molto variabile a seconda del soggetto, del tratto gastrointestinale coinvolto e della gravità della patologia stessa, limitandosi nei casi più "lievi" a diarrea e/o vomito fino ad arrivare a calo ponderale, anoressia e presenza di sangue nel vomito e nelle feci nei casi più gravi. In alcuni soggetti si può avere anche un'ipoprotinemia importante con sviluppo di ascite.

Come accennato in precedenza esistono diversi tipi di IBD che vengono classificate, principalmente, in base al tipo di cellule maggiormente presenti nella biopsia della parete intestinale (enterite linfoplasmacellulare, enterite eosinofilica, enterite granulomatosa o enterite neutrofilica).

A prescindere dal tipo di IBD il trattamento di questi disordini viene effettuato attraverso l'utilizzo di farmaci immunosoppressivi e/o antibiotici associato ad una modificazione alimentare in cui si effettua una manipolazione e/o una restrizione dei singoli componenti dietetici.

Il piano nutrizionale per un animale affetto da IBD deve essere scelto con attenzione e mai generalizzato.

Innanzitutto, deve essere effettuata un'attenta valutazione dello stato nutrizionale del paziente, del suo BCS, del suo stato di idratazione, della sua massa magra nonché, attraverso un'anamnesi remota e attuale, devono essere raccolte informazioni sul suo appetito, sui sintomi clinici passati e presenti e sull'alimentazione che l'animale ha assunto in passato e assume attualmente.

Infine, andrebbero valutati gli esami ematologici con particolare riferimento alla concentrazione sierica di proteine, di vitamina B12, di folati, dei valori della coagulazione e dell'emocromocitometrico. Inoltre, sarebbe ideale avere a disposizione i risultati dell'endoscopia e della biopsia intestinale.

Soltanto dopo aver raccolto tutte queste informazioni il veterinario può valutare quale sia la miglior alimentazione da far intraprendere al suo paziente.

L'approccio nutrizionale ottimale per cani e gatti con IBD, infatti, rimane ancora da determinare e varia sicuramente da soggetto a soggetto. Sebbene esistano diversi meccanismi attraverso i quali la dieta può influenzare la progressione, il mantenimento o la risoluzione dell'infiammazione cronica della mucosa intestinale non è ancora chiaro quanto sia importante ogni singolo componente del piano alimentare. Tuttavia, è evidente che una corretta gestione alimentare può aiutare nel ridurre l'utilizzo e il dosaggio della terapia farmacologica.

La maggior parte dei cani affetti da IBD rispondono meglio a diete con proteine idrolisate o a diete casalinghe fresche contenenti una nuova fonte di proteina e una nuova fonte di carboidrato (mai assunte in precedenza) piuttosto che a diete ipoallergeniche commerciali.

Considerato il possibile ruolo degli antigeni derivanti dall'alimentazione nella patogenesi dell'IBD, se si prepara un piano nutrizionale casalingo andrebbe scelta una sola fonte proteica, a cui l'animale non è mai stato esposto, ad elevato valore biologico ed elevata digeribilità (> 87%). La percentuale su sostanza secca delle proteine dovrebbe essere superiore al 25% nei cani e al 35% nei gatti, e andrebbe aumentata ulteriormente se l'IBD è associata ad una perdita proteica.

Quando si sceglie la fonte proteica andrebbe tenuto in considerazione che quella proteina viene somministrata in un momento in cui l'intestino risulta ancora notevolmente infiammato e la permeabilità della parete intestinale risulta, con ogni probabilità, alterata. Infatti, alcuni autori consigliano l'utilizzo di una fonte proteica che definiscono "sacrificabile", ossia una nuova fonte proteica a cui sia possibile rinunciare in futuro poiché essa "penetrando" nella lamina propria intestinale alterata potrebbe essere riconosciuta come antigene a cui l'animale diventerà rapidamente sensibile. In questi casi la fonte proteica andrebbe ulteriormente cambiata dopo le prime 6 settimane di terapia farmacologica con una nuova fonte proteica da mantenere nel lungo termine.

Un altro punto cardine nella dieta per animali affetti da IBD è la scelta della quantità e della tipologia di grassi da utilizzare. Infatti, se da un lato, l'inserimento di una elevata quantità di grassi permette di aumentare la densità energetica del pasto, e quindi di ridurre il volume del cibo da somministrare e di conseguenza la distensione intestinale, dall'altro i cibi ricchi di lipidi possono contribuire allo sviluppo di una diarrea osmotica, alla perdita di proteine nel tratto gastroenterico e risultare più difficili da digerire. Proprio per i problemi che possono causare negli animali con enteropatie croniche, i lipidi nei piani nutrizionali di questi pazienti vengono limitati, evitando di superare il 15% su S.S. nel cane e il 25% nel gatto. Tuttavia, una volta che il paziente si è stabilizzato, sarebbe utile provare ad aumentare gradualmente il livello di grassi presenti nella dieta, per vedere se l'animale è in grado di tollerare dosaggi più elevati. Se però l'esame istologico ha rilevato la presenza di linfangectasia i grassi dovrebbero essere sempre limitati alla minor concentrazione possibile.

Sulla scelta della fonte lipidica, ad oggi, non ci sono indicazioni uniformi e i nutrizionisti hanno opinioni spesso controverse. Alcuni, ad esempio, consigliano l'utilizzo di fonti contenenti acidi grassi a media catena per il loro meccanismo di digestione, mentre altri ne sconsigliano l'utilizzo per la poca appetibilità e l'elevato costo, senza un riscontro oggettivo del loro effetto benefico. C'è invece un maggior accordo nel reputare l'utilizzo di fonti contenenti omega 3 utili per ridurre l'infiammazione intestinale, cercando di mantenere il rapporto tra omega 6 e omega 3 con un valore uguale o inferiore a 3,5:1.

L'eventuale fonte di carboidrato deve essere scelta anch'essa tra alimenti che l'animale non ha mai assunto, deve contenere la minor fibra possibile e deve avere una digeribilità molto elevata (se possibile superiore al 90%). Alcuni autori suggeriscono di evitare alimenti che contengono glutine.

Nei soggetti in cui si ha la necessità di aumentare la densità calorica del pasto, senza aumentarne il volume, può essere utile inserire nella dieta, come fonte di energia, il miele.

La ragione per cui andrebbero evitati alimenti ricchi di fibra è che quest'ultima riduce la densità energetica del piano nutrizionale e lo rende meno digeribile, sfavorendo l'assorbimento degli altri nutrienti. Un discorso a parte, però, va fatto per le fibre fermentescibili poiché esse, da un lato svolgono un'azione prebiotica, favorendo la crescita di organismi batterici benefici e, dall'altro, offrono "nutrimento" agli enterociti attraverso gli acidi grassi a corta catena che vengono prodotti dalla loro fermentazione effettuata dai batteri intestinali.  Di solito si consiglia di inserire una percentuale di fibra solubile compresa tra l'1 e il 2 % su sostanza secca.

Il piano nutrizionale andrebbe poi integrato con minerali e vitamine al fine di renderlo completo e bilanciato, ponendo particolare attenzione al dosaggio di ferro e magnesio, minerali spesso carenti in animale affetti da diarrea cronica.

Se l'animale presenta carenza di vitamina B12, essa andrebbe ulteriormente integrata, oltre a quella già presente nel piano nutrizionale completo e bilanciato. La sua integrazione, di solito, viene effettuata attraverso una somministrazione sottocutanea di cobalamina una volta alla settimana, tuttavia, uno studio del 2016 ha dimostrato che anche la somministrazione orale giornaliera di vitamina b12 può far normalizzare il livello sierico di vitamina b12 in animali affetti da enteropatie croniche e con carenza di questa vitamina.

Ad oggi, purtroppo, gli studi sulle integrazioni funzionali realmente utili nei cani e nei gatti affetti da IBD sono ancora molto limitati, ma basandosi sugli studi effettuati in medicina umana e sui pochi studi presenti negli animali domestici, il veterinario dovrebbe considerare l'utilizzo di glutammina, antiossidanti, arginina e zinco nonché di probiotici. La scelta di quali somministrare andrebbe valutata caso per caso in base al quadro clinico, alla sintomatologia e alla risposta alla terapia.

BIBLIOGRAFIA:
- Delaney SJ & Fascetti AJ. Applied Veterinary Clinical Nutrition.  (ed.  Fascetti AJ and Delaney SJ. ). 2012. Chapter 12 / Nutritional Management of Gastrointestinal Diseases.
- Ettinger S.J., Feldman E.C. Clinica medica veterinaria, malattie del cane e del gatto, sesta edizione
- L. Toresson, J.M. Steiner, J.S. Suchodolski, and T. Spillmann. Oral Cobalamin Supplementation in Dogs with Chronic Enteropathies and Hypocobalaminemia. J Vet Intern Med 2016;30:101–107
- MS Hand, CD Thatcher, RL Remillard, P Roudebush & BJ Novotny. Small Animal Clinical  Nutrition 5th edition. ed.   2010, chapter 57


Commenti all'articolo

Enio - 26 maggio 2020 alle 12:08

GRAZIE PER LA'RTICOLO MOLTO INTERESSANTE! Volevo anche chiedere alla collega cosa pensa dell'utilizzo della COLESTERAMINA e se poteva eventualmente indicarmi la posologia.

A presto,
Enio Marelli

Barbara - 26 maggio 2020 alle 15:26

Innanzitutto sono molto contenta che hai trovato l'articolo interessante. Personalmente non ho mai utilizzato la colestiramina nel trattamento delle IBD. Ad oggi, che io sappia, gli studi relativi alla sua somministrazione sono ancora pochi e in fase preliminare. Inoltre essa presenta alcuni possibili effetti collaterali (acidosi ipocloremica, steatorrea, minor assorbimento delle vitamine liposolubili
ed ipoproteinemia) che mi fanno propendere per evitarne il suo utilizzo, non conoscendone ancora l'effettiva efficacia in corso di IBD. Il dosaggio che è stato utilizzato negli studi di cui sono a conoscenza è di 40 mg/kg due volte al giorno. Se hai a disposizione studi scientifici riguardanti la sua efficacia in corso di IBD nel cane o nel gatto mi farebbe molto piacere poterli leggere e approfondire l'argomento.
A presto
Dottoressa Guidini Barbara

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